DAVIDE MONACO
Il fabbricante di stufette
Un altro episodio delle storie del Capitano Viti ispirate alle "Cronache d'Isernia", una raccolta di articoli giornalistici di fine secolo XIX che riportano le vicende accadute a quel tempo in città. Ambientati tra gli eleganti salotti della borghesia molisana, gli avvincenti racconti del Capitano Viti basano la propria trama su fatti realmente accaduti. Dalla realtà dei fatti alla finzione narrativa per rivivere, in parte, avvenimenti ormai relegati all'oblio.
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TRA GLI UMORI DELLA PROVINCIA
Massimiliano Viti è un capitano dei carabinieri a riposo ed è una creatura nata dalla penna dello scrittore e storico isernino Davide Monaco. Come si conviene agli investigatori, il capitano Viti entra negli affari degli altri se non altro per necessità professionale, per struttura identitaria. Il personaggio è molto utile al suo creatore perché è affine ad una chiave che autorizza ad aprire porte sbarrate, a svelare segreti, a curiosare per una ragione superiore, utile alla giustizia.
Dispone di una certa immunità anche morale, insomma, che lo rende non solo affidabile, ma anche di fiducia. Il lettore lo segue senza preclusioni e si addentra con lui nei fatti e nel sistema sociale e comportamentale di cui è riferimento. In poche parole, è l’alter ego di Davide Monaco, il quale con lui entra e racconta dal suo interno la vita della provincia, che nel caso speciale dell’ultimo romanzo “Il fabbricante di stufette”, è quella di Isernia verso la fine del XIX secolo, un periodo in cui l’industrializzazione del sud avvia i primi passi e le città cominciano a dotarsi dell’illuminazione pubblica, come nel caso di Isernia che fu, nel 1892 fra le prime cittadine italiane a disporre del prezioso fluido elettrico. In tale atmosfera di fibrillazioni, dove si agitano entusiasmi ed appetiti, trovano alimento interessi e invidie, fanno capolino vecchi rancori e nuove speranze, si consuma il delitto, anzi, un doppio delitto di cui sono vittime un avvocato e un vecchio fonditore di ghisa. Le acque agitate permettono allo scrittore di guardare il fondo, di entrare in un mistero mascherato da incidente e in un omicidio che ha radici lontane.
Il capitano Viti non è semplice spettatore degli avvenimenti, è un membro di quella società e ne esprime alcune dinamiche che permettono al lettore di farsi un’idea abbastanza appropriata della società isernina di quegli anni. Lo scrittore, fra l’altro, è uno storico che si attiene ad una documentazione impeccabile in cui descrive la struttura urbana, gli esercizi commerciali e i corrispondenti proprietari o esercenti, l’organizzazione amministrativa e politica, la struttura di controllo e molti riferimenti professionali. Egli usa nomi veri e i personaggi sono realmente esistiti. Ciò che si discosta dalla verità storica è il fatto in sé, nel caso del romanzo, i delitti descritti, diciamo pure, la parte criminosa anche se il “brodo di cottura” è reale, includendo il capitano Massimiliano Viti protagonista della lotta al brigantaggio sugli appennini meridionali prodottasi dopo l’unità d’Italia.
Il ricorso ai servigi di un professionista, di una figura abilitata a muoversi fra le molte cose da toccare con le pinze, è una pratica in buon uso nella letteratura con varie sfumature a seconda del contesto di riferimento ed è utile ricordarne qualcuna proprio per conoscere la peculiarità dell’investigatore di Davide Monaco. Spesso, è un personaggio estraneo ai fatti ed esterno all’ambiente dell’azione, si muove tra le righe per risolvere situazioni intricate, delitti ed enigmi o anche solo per rivelare una verità nascosta, anche in modo involontario.
Il capitano Viti è un uomo del sistema, gode dello status di fiduciario del potere e vive degli agi e del benessere dell’ambiente ovattato della provincia e della campagna dove qualche pericolo è rappresentato da rigurgiti revanscisti del vecchio regime borbonico. Ama la caccia, la buona cucina e le leccornie di un ambiente di campagna molto attento alla genuinità dei prodotti. La sua funzione è, tutto sommato, lineare e a lui Davide Monaco affida il ruolo di narratore di un’epoca e testimone di una società rurale con qualche sussulto borghese.
Così, tra gli intrichi del fatto criminoso tralucono le abitudini quotidiane, il culto dei santi Cosma e Damiano e i riti religiosi collegati, appare l’albergo dei Pentri con ristorante annesso e la concorrenza della taverna D’Ortona dove lo status sociale permette di trovare posto anche se c’è folla e per mangiare le saporite “sagne e salsicce” che potresti ricercare invano in qualsiasi altro posto del mondo. “Mario passava per i tavoli e riempiva con un mestolo i piatti posati davanti ai commensali. La quantità di pasta servita al piatto era una porzione esagerata. Subito dietro seguiva una giovane cameriera che, con un vassoio di rossi peperoncini piccanti, chiedeva se qualcuno li gradisse”. Le passeggiate, gli spostamenti nella città o da un paese e l’altro, il tavolo del bar e il pasticcino tipico, la collocazione degli esercizi commerciali, le conversazioni circostanziali, l’insieme della vita urbana, sono tutte situazioni utili a raccontare di un mondo, quello rurale della provincia, in cui accade ben poco rispetto alla vita altisonante della grande città come Napoli o Roma, dove il capitano Viti si reca spesso per raggiungere la moglie Giuditta Imperato dei Marchesi di Spinete che gli dà una mano cercando piccoli segreti nei circoli femminili dell’ambiente isernino del tempo e tra le sue protagoniste. Così, la vicenda storica dei fratelli Ruffolo che, nel 1892, realizzano l’impianto elettrico del servizio urbano di illuminazione, finisce per illuminare anche il contesto sociale della cittadina molisana con relativi protagonisti e circostanze.
Il lettore avrà modo di notare i numerosi artifici che accompagnano il farsi delittuoso, ma apprezzerà anche la descrizione di un mondo che lo scrittore racconta con dovizia di particolari, come volesse compensare la negligenza di altri, della grande storia, per esempio, che non si cura della qualità diffusa nell’ambiente rurale della provincia. Tra i molti sentimenti diffusi, mi piace ricordare il senso della lealtà che sembra risuonare negli accadimenti, la semplicità dei rapporti.
Insomma, anche la provincia, sembra voler ricordare lo scrittore, ha le sue qualità, ed è bene non affidarsi all’esclusiva e rutilante sicumera di quanto accade nella grande città e nella storia con la S maiuscola. C’è una storia minimale in cui la provincia ha una sua identità e molte carte da giocare, come quella della qualità del quotidiano.
Franco Avicolli - Direttore dello Spazio Micromega Arte e Cultura (MAC) di Venezia.
"Tra gli umori della provincia, qualche delitto e la qualità della vita quotidiana" (su Ytali.com)
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La recensione di Book Forever Blog
Il Molise è una terra meravigliosa e, come tanti sanno, per via dell’ironia sorta attorno a questa regione (il meme "Il Molise non esiste"), è anche un luogo quasi sconosciuto e quindi misterioso. Le sue tradizioni, la cultura millenaria e i paesaggi, che ricordano terre lontane come la Scozia, meriterebbero maggiore attenzione e prestigio. Se è vero che negli ultimi anni qualcosa in questo senso sembra essere mutato in positivo, sono soprattutto i libri gli strumenti attraverso cui la storia e l’atmosfera del Molise possono essere degnamente raccontati.
Ci è riuscito in maniera a nostro avviso mirabile Davide Monaco con il suo romanzo "Il fabbricante di stufette" pubblicato nel 2023 da Edizioni Efesto. Un romanzo storico accurato e credibile, ma anche un giallo ambientato nell’Italia di fine ‘800, epoca che l’autore ha sapientemente utilizzato come sfondo per una vicenda fatta di misteri inquietanti, tra omicidi e furti apparentemente riconducibili ad una sola mano, a sua volta legata a doppio filo ad una setta, realmente esistita, che ha tentato a più riprese di contrastare i cambiamenti prodotti dall’Unità d’Italia, soprattutto nel Mezzogiorno del Paese e dove il Molise, tra le pagine del libro, diventa sorprendente protagonista.
Pubblicato nella collana Origo Gentis, "Il fabbricante di stufette" ha il potere di catturare immediatamente il lettore grazie alla qualità della penna del suo autore. Davide Monaco sa imprimere alla pagina il giusto equilibrio tra parti descrittive e dialoghi, contornando la narrazione di numerosi dettagli storici che, pur nella loro specificità, non risultano mai pedanti ma riescono a connotare il romanzo di un’atmosfera affascinante che rimanda alle grandi opere dello stesso genere, in cui la verità di eventi realmente accaduti trova nuova linfa attraverso la contaminazione della creatività. Un meccanismo complesso che solo lo scrittore dotato di talento è in grado di gestire, impedendo che il lettore possa manifestare noia o disinteresse.
Ne "Il fabbricante di stufette" si è subito coinvolti in un mondo che non c’è più ma che non smette di manifestarsi a noi, come se l’Italia appena unita non fosse la classica storia rimasta imbrigliata tra le pagine di un testo scolastico, ma materia viva e pulsante che molto ha ancora da dirci sulla natura del nostro paese. Lo scenario è quello del 1892 quando Isernia divenne una delle prime città a dotarsi dell’illuminazione elettrica pubblica, beneficio della modernità appena sbocciata che bussava con prepotenza alle porte di un mondo rurale prossimo a soccombere ai fasti della tecnologia e dell’industria.
Il Capitano Viti, il protagonista del romanzo, mentre Isernia si illumina tra lo stupore e l’entusiasmo del popolo e dei notabili, deve indagare su una serie di efferati delitti che rischiano di funestare il clima di esuberanza che l’elettricità ha portate nelle strade, come se l’oscurità pur di non perdere i propri privilegi tentasse di sopraffare il luminoso cambiamento con le macchie scure del sangue.
Le indagini che condurranno all’inevitabile svelamento del mistero sono affascinanti e rievocano nel loro incedere lo stile dei gialli di un tempo, quando alla cruda descrizione di scenari violenti si preferiva dare spazio al ragionamento logico e alla ricerca degli indizi, il che assicura al lettore un coinvolgimento piacevole, anche grazie ad una prosa elegante che sa rievocare il periodo storico nel quale la vicenda si svolge ma senza apparire eccessivamente vetusto, segno che l’autore ha tenuto conto dei gusti contemporanei, evitando di eccedere in una cifra stilistica più appariscente ma logora.
I dialoghi appaiono efficaci nel loro dinamismo e in linea con il modo di intendere l’uso della parola dell’epoca, mentre le ampie descrizioni svelano l’enorme conoscenza di Monaco tanto degli aspetti paesaggistici e urbani, quanto del contesto storico molisano. Tuttavia sarebbe un errore pensare che l’autore sia solo un fine conoscitore della propria terra. Nel romanzo, infatti, trasuda un amore sconfinato per una regione verso la quale a nostra volta nutriamo profondo rispetto e che sa conquistarci con la sua dimensione in perfetto equilibrio tra passato e presente, un tratto distintivo che Monaco ha saputo cogliere e rappresentare, regalando al lettore un giallo, ma anche un trattato storico e una commedia umana come non ne leggevamo da tempo, un’opera nella quale i personaggi, sia veri che immaginari, tornano in vita per interpretare al nostro cospetto ciascuno la propria parte.
Le pagine scorrono leggere pur essendo dense di contenuti, con gli aspetti storici che appaiono curati e dettagliati, in grado di infondere alla trama una verosimiglianza notevole, degna dei nomi più blasonati del genere nel cui novero ci auguriamo quello di Davide Monaco possa essere presto ascritto. Perché "Il fabbricante di stufette" è un libro bellissimo. A volte dirlo nel modo più semplice è il premio migliore che si possa offrire ad un’opera letteraria, e noi siamo qui a rendere omaggio con la stessa gioia con cui almeno una volta all’anno transitiamo per il Molise, tra sagre, paesi abbarbicati sulle montagne e un retaggio storico e culturale del quale ci piace farne parte, almeno come fedeli spettatori e lettori di libri come questo.
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IL ROMANZO
Il nuovo impegno investigativo di Massimiliano Viti è storicamente collocato alla fine dell'estate del 1892 quando Isernia inaugurò l’impianto elettrico di pubblica illuminazione della ditta dei fratelli Ruffolo. Fu un evento importante tanto da richiamare in città gente proveniente anche da fuori provincia. Molti furono i professionisti tra ingegneri e imprenditori che presenziarono la prima accensione, nonché una nutrita rappresentanza della classe politica provinciale con l’intento di testimoniare l’importanza delle nuove tecnologie nel tessuto sociale e lavorativo di quella realtà.
Passata l’estate e l’enfasi per la novità della luce elettrica, una serie di sciagurati episodi sconvolse la serena tranquillità di quell’angolo del Regno d’Italia ammantato dall’ambiente contadino che rendeva le cose semplici e genuine e il tempo fermo in una stasi infinita. La città venne funestata da una sequenza di cruenti fatti che, nel modo in cui si palesarono, rasentavano la razionalità.
Il Delegato Mari aveva intuito qualcosa ma non riusciva a reperire più informazioni per le indagini, mentre l'Intendente Giancola, per la scarsezza degli indizi, sperava nell'aiuto dell'amico Massimiliano. Troppe cose non quadravano e solo il caso volle che una distrazione si trasformasse, nella mente dell’arguto Capitano Viti, in una traccia investigativa tanto importante da condurlo all’agognata verità.
Il romanzo racconta l'impegno dell'esperto investigatore nel risolvere un'intrigata vicenda maturata nell'ambiente finanziario cittadino.
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Il romanzo è pubblicato dalle Edizioni EFESTO
Via Corrado Segre 11 - 00146 - ROMA
Tel: 06 5593548 - E-mail: info@edizioniefesto.it
- ISBN 9788833815237 -
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Alcuni dei negozi dove è possibile acquistare il libro, anche on line:
(Cliccare sul logo)
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La piazza Andrea d'Isernia come si presentava alla fine dell'800. Il num. 1 indica palazzo Belfiore e la sede della Banca Popolare Cooperativa d'Isernia al primo piano (si intravede l'insegna), al num. 2 la sede del circolo Marcelli al primo piano di palazzo Marracino (al piano terra la farmacia Maiorino), e al num. 3 la chiesa Cattedrale dedicata a San Pietro.
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Il Certificato Definitivo di Azioni da Lire 50 emesso dalla Banca Popolare Cooperativa d'Isernia a favore di Vincenzo Scafati nel 1888.
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Lavandaie al lavoro su di un tratto del fiume Sordo, nei pressi del ponte di San Leonardo (Lastra fotografica di Federico Labella 1892).
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Il complesso industriale dei fratelli Ruffolo alla Taverna della Croce. A sinistra è visibile la ciminiera dell'opificio con alcuni degli edifici adibiti alla lavorazione dei laterizi e dei marmittoni per la pavimentazione. Il bel palazzo al centro era la residenza dei fratelli Ruffolo (nel primo decennio del '900 fu acquistato dalla famiglia Mancini per farne un lanificio). Si intravede il casino del Barone di Macchia d'Isernia e, in alto a destra, le ultime case a meridione della città. (Lastra fotografica di Federico Labella 1892).
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La caserma dei Carabinieri era ubicata nel vecchio monastero della chiesa di San Pietro Celestino nella parte meridionale della città. In quest'immagine è visibile il portale bugnato su via Marcelli e le finestre con le sbarre di ferro. Poco più in alto la chiesa del "Santone" e, di fronte, la casa del notaio Cosmo De Baggis.
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La pubblicità della fonderia Giancola su un giornale dell'epoca. La fonderia si trovava di fronte all'odierno passaggio a livello ferroviario a settentrione di Corso Garibaldi, situata dietro la vecchia casa del Preside Icaro Tullio che aveva sposato una discendente di Michele Giancola.
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La prima vicenda investigativa in ambito privato di Massimiliano Viti, capitano dei R. Carabinieri collocato a riposo per raggiunti limiti di età, raccontata seguendo articoli giornalistici di cronache locali. Un avvincente romanzo "noir" ambientato nei salotti buoni della città tra il fruscio della seta delle imponenti vesti femminili e le marsine dei galantuomini di una cittadina di provincia nel meridione del Regno d'Italia.
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L'insidia del Nibbio - Il secondo episodio dei racconti del Capitano Viti. Impegnato per garantire la sicurezza di un nobile sabaudo in visita alla città, dovrà fronteggiare una vecchia conoscenza delle campagne contro il brigantaggio post-unitario affrontando una sinistra minaccia, spaventosa poichè incombente.
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- Cronache d'Isernia di fine secolo XIX -
Un frammento di storia d’Isernia, gli ultimi 15 anni del
XIX secolo, viene proposto attraverso la rilettura degli
articoli di giornali locali pubblicati all’epoca.
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- Cronache d'Isernia d'inizio secolo XX -
Il secondo volume delle "Cronache d'Isernia" dove continua
la narrazione delle vicende accadute nella cittadina
pentra nel primo lustro del secolo XX
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Davide Monaco - Michele Tuono
RACCONTI MOLISANI D'APPENDICE
1848 - 1884
Un'antologia dei migliori racconti pubblicati
sui giornali periodici dell'epoca,
che rivolge fasci di luce su un Molise
inedito e nascosto, quasi segreto.
Ed è una luce nuova.
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Un elenco di libelli pubblicati all'epoca dai protagonisti delle cruente lotte a favore dell'unità italiana che testimoniano quanto sia stata ardua l'idea di raccogliere sotto un unico vessillo la popolazione della penisola. Si tratta di una piccola collana Amazon sul "Risorgimento nel Molise", per ora limitata a pochi testi ma destinata a crescere nel tempo.
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Per chi volesse contattare l'autore, di seguito
è riportato l'indirizzo digitale (E-Mail):
davide.monaco@tin.it
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Il fabbricante di stufette - Davide Monaco
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